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Storia del diritto ecclesiastico
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La storia del diritto ecclesiastico abbraccia le diverse relazioni tra lo Stato e la realtà più importante per molte centinaia di anni in tutto l'occidente europeo: il Cristianesimo.
===Diritto ecclesiastico nel [[w:Storia del Cristianesimo|primo Cristianesimo]]===
La storia del diritto ecclesiastico occidentale nasce, all'incirca, nel [[w:313|313]] con l'[[w:editto di Milano|editto di Milano]] emanato dall'imperatore romano [[w:Costantino|Costantino]] e il riconoscimento di una prima primitiva [[w:libertà di religione|libertà di religione]].
Con il formarsi della [[w:Chiesa Cattolica|Chiesa Cattolica]] in un'organizzazione forte e gerarchizzata, accaddero vari eventi che segnarono la storia europea: dapprima il [[w:Concilio di Nicea|Concilio di Nicea]] che condannò l'eresia di [[w:Ario|Ario]], in seguito l'[[w:Editto di Tessalonica|Editto di Tessalonica]] e le [[w:invasioni barbariche|invasioni barbariche]].
Se in principio la Chiesa si vedeva universale, già dopo poco tempo esisteva una forte contrapposizione di primato spirituale tra [[w:Roma|Roma]], che si autoproclamava il ''soglio di Pietro'', e [[w:Costantinopoli|Costantinopoli]], capitale dell'antico [[w:Impero Romano|Impero]] . Le [[w:invasioni barbariche|invasioni barbariche]] provocarono l'isolamento della chiesa romana dall'[[w:Impero Romano|Impero]], ma questo giovò sotto l'aspetto temporale all'ambiente ecclesiastico italico, in quanto godeva di poco controllo e di un'ampia autonomia, che gli permisero di elevarsi a figura politica carismatica del luogo agli occhi delle popolazioni locali.
In questo periodo storico era ben evidente una certa forma di [[w:Cesaropapismo|cesaropapismo]] e la superiorità temporale dell'[[w:Impero Romano|Impero]] alla [[w:Chiesa Cattolica|Chiesa]] . Già ai tempi di [[w:Costantino|Costantino]], era lo stesso imperatore a convocare i concili cristiano, pur paradossalmente essendo ancora ''pontifex maximus'' della religione pagana, e ad adottare leggi e provvedimenti sulla base di quanto deciso dai concili stessi.
Mentre la Chiesa si serviva dell'autorità dell'Impero e delle istituzioni giuridiche romane, allo stesso tempo personaggi ecclesiastici come i vescovi assumevano un'importanza considerevole all'interno della società, sostituendosi spesso ai magistrati per le controversie giuridiche, a volte anche, col passar del tempo, in maniera esclusiva, dando vita a quello che verrà chiamato in seguito [[w:privilegio del foro|privilegio del foro]] e rafforzando la commistione fra temporale e spirituale.
È con la lotta alle [[w:eresia|eresie]], spesso più temute delle altre fedi esterne al cristianesimo, e con l'[[w:Editto di Tessalonica|Editto di Tessalonica]], che inizia il processo di unificazione della chiesa, coincidente all'inizio con la massima espansione dell'[[w:Impero Romano|Impero Romano]], e che si sviluppa dal [[w:325|325]] all'[[w:869|869]] in ben otto [[w:concilio ecumenico|concili ecumenici]], processo sociale oltre che religioso importantissimo che getta le basi di una unificazione se non razziale, quantomeno religiosa e in un certo senso culturale.
La questione religiosa in sé, tuttavia, si estende più sul piano concettuale e formale nel contrastare le varie eresie, col tempo sempre più complesse e raffinate, in una continua lotta all'[[w:eterodossia|eterodossia]] e questo porta al rafforzamento del dogma ormai indissolubile, specialmente per quel che riguarda la [[w:Trinità|Trinità]] e la natura divina del Cristo, contestata dagli [[w:Arianesimo|ariani]] prima e dai [[w:monofisismo|monofisiti]] poi.
Questa superiorità temporale dell'imperatore, ben salda in Oriente in virtù del fatto che il prestigio di Costantinopoli si basava sulla sua importanza politica ormai centrale, cominciò a scemare in Occidente col passare dei secoli: un primo esempio lo porta la figura di [[w:Sant'Ambrogio|Sant'Ambrogio]], che iniziò quel processo di secolarizzazione della Chiesa delimitando l'autonomia decisionale del sovrano e assoggettandola alla Chiesa per quel che riguardava decisioni politiche affini alla morale. Tale processo parte dalle vicende storiche che emarginano Roma dal resto dell'impero orientale, come ad esempio le [[w:Invasioni barbariche|Invasioni barbariche]], e il primato che in maniera lenta ma inarrestabile si irroga il soglio petrino rispetto alle altre chiese, a partire da [[w:Papa Leone I|Papa Leone I]]. Il quadro storico e sociale dell'Europa occidentale, costellato da tante tribù barbare o di popolazione decisamente retrograde, rende il Papa e la sua Chiesa un soggetto attento al doversi confrontare con culture particolari e diverse, ma soprattutto lo rende sempre più capace ed autonomo politicamente: questo porta la Chiesa di Roma a un sempre più inevitabile distacco da Costantinopoli, che ancora omaggia ma dalla quale ormai dipende assai poco, cominciando a relazionarsi e contrattare per poi convertire popolazioni estranee.
I rapporti si logorano definitivamente con la discesa dei [[w:Longobardi|Longobardi]] in Italia, con la conquista di [[w:Ravenna|Ravenna]] e la minaccia costante di un'occupazione di Roma. In quel momento la Chiesa, sentitasi minacciata, compie il passo principale rivolgendosi non ad Oriente, con cui ormai ha contatti solamente formali, ma ai [[w:Franchi|Franchi]] di [[w:Pipino il Breve|Pipino il Breve]], dai quali ottiene la cosiddetta ''[[w:Promissio Carisiaca|Promissio Carisiaca]]'', secondo la quale il popolo franco si sarebbe impegnato, scacciati i Longobardi, a consegnare alla Chiesa una fascia di territorio che sarebbe restata sotto la sua esclusiva sovranità. Poco dopo avviene la diffusione del ''Constitutum Constantinii'' ([[w:Donazione di Costantino|Donazione di Costantino]]), celebre falso storico secondo il quale Costantino aveva a suo tempo donato al papa beni materiali, territoriali nonché corona, scettro e vesti imperiali. Con questi due episodi prende vita il potere temporale papale, con la conseguente creazione di un'autonoma sfera politico-territoriale e il totale e definitivo distacco dalla Chiesa Orientale.
Si va formando in occidente una nuova figura di cesaropapismo, giacché la Chiesa Romana comincia a vivere integrata nel [[w:Sacro Romano Impero|Sacro Romano Impero]] e del fenomeno [[w:feudalesimo|feudale]]: stessa cosa si riflette all'interno dell'organizzazione ecclesiastica, dato che molto spesso funzionari di corte o personaggi pubblici sono vescovi o funzionari della Chiesa. L'imperatore arriva persino a disciplinare, con il ''[[w:Constitutum di Lotario|Constitutum di Lotario]]'' dell'[[w:824|824]], le modalità di elezione del papa e si irroga il diritto di approvare in via definitiva la consacrazione del nuovo pontefice, abolendo questa facoltà al clero. Il papato attraversa un periodo nero ed è ormai un feudo imperiale e si aprono lotte di fazioni e famiglie per le varie elezioni papali.
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La Dissoluzione della Jugoslavia (superiori)
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[[File:Tappe della Dissoluzione della Jugoslavia.jpg|600px]]
Per '''Dissoluzione della Jugoslavia''' si intende l'insieme di vari fenomeni di guerre civili e secessioni che hanno coinvolto la Jugoslavia dal 1980 al 2003 e che hanno comportato la sua scomparsa dal piano internazionale.
== La morte di Tito ==
[[File:Josip Broz Tito uniform portrait.jpg|miniatura|sinistra|Josip Broz Tito]]
La lenta e cruenta dissoluzione della Jugoslavia inizia il 4 maggio 1980 con la morte del Maresciallo Josip Broz Tito, il principale arteficie dell'unità della Jugoslavia, dopo la sconfitta del nazifascimo, e tenuta unita grazie al suo carisma e ad una forta tenuta governativa di stampo comunista. In politica estera, Tito, aveva mantenuto la Jugoslavia in una posizione di equidistanza sia dal blocco sovietico sia dal blocco del patto atlantico. In politica interna, la Jugoslavia, denominata Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia, era composta da sei stati federati (Slovenia, Croazia, Bosnia ed Erzegovina, Montenegro, Serbia e Macedonia) e le due province autonome di Kosovo e Vojvodina.
In realtà già a metà degli anni 70' ci furono avvisaglie di tensioni etniche prima in Croazia e poi in Kosovo ma Tito, con una forte repressione militare, riuscì a pacificarle.
Dopo la morte di Tito la Repubblica fu governata con una presidenza collegiala presieduta a turno dai presidenti dei singoli stati federati.
== L'ascesa di Milošević e le tensioni etniche ==
[[File:Slobodan Milosevic Dayton Agreement.jpg|miniatura|destra|Slobodan Milosevic]]
A metà degli anni 80' iniziano a riaccendersi le tensioni etniche già viste negli anni 70' ma, mancando un forte governo, non si riusciva a pacificarle come con Tito. Fu proprio in questa fase che emerse la figura di Slobodan Milošević in Serbia.
L'ascesa di Milosevic fu rapida. Nel 1987 conquista la presidenza della repubblica serba.
Nel 1989, come atto di repressione contro le rivolte etniche, tolse l'autonomia alle province del Kosovo e della Vojvodina.
la rimozione dell'autonomia alle due province non fu un idea originale di Milosevic. Nel 1986, cioè l'anno prima della sua presidenza, venne pubblicato dall'accademia delle scienze di Belgrado un memorandum che, tra le altre affermazioni in difesa della sovranità della Serbia, vista anche come baluardo della cristianità contro l'islam, criticava Tito e la sua scelta di un assetto politico che voleva una Serbia indebolita contro una Jugoslavia forte. E ad giustificare questa idea si poneva luce proprio sulla mancanza di unità anche interna del suolo Serbo a causa delle due province autonome.
Milosevic, pur non appoggiando questo memorandum, non lo criticò ma si limitò ad stigmatizzarlo come d'altronde fece la lega dei comunisti serbi.
Nel frattempo in Croazia, nel 1989, viene fondato il primo partito anticomunista, Unione Democratica Croata (HDZ) guidato da Franjo Tuđman che però aveva una tendenza marcatamente nazionalista e filo-ustascia (cioè il movimento fascista croato che durante la seconda guerra mondiale fu autore dello sterminio di ebrei e serbi in Jugoslavia).
In Slovenia scoppiò il caso di quattro giornalisti (tra i quali il più noto era Janez Janša), accusati di aver tentato di pubblicare segreti militari nella popolare rivista d'opposizione Mladina. I quattro giornalisti scoprirono dei documenti su un ipotetico intervento militare federale in Slovenia, da attuare in caso di un'evoluzione democratica e sovranista del paese. Questo fece scoppiare molte proteste tra gli sloveni.
== L'indipendenza della Slovenia ==
La prima vera e propria guerra civile scoppio proprio in Slovenia.
Il 30 dicembre 1990, ci fu un referendum per l'indipedenza dove circa l'88% degli elettori fu a favore dell'indipendenza. Ad influire su questo risultato fu molto anche il governo del paese di partiti anti-comunisti.
Il referendum però non sarebbe mai stato approvato, pacificamente, dal Governo Centrale Jugoslavo. Il Governo sloveno decise quindi, per osteggiare il governo centrale anche militarmente di avvocare a se il comando delle milizie popolari slovene, Teritorijalna odbrana (TO), che Tito aveva creato in difesa di una ipotetica invasione sovietica, e che proprio in quegli anni il Governo Centrale Jugoslavo voleva eliminare.
[[File:Flag of Slovenia.svg|miniatura|sinistra|La Bandiera della Slovenia Indipendente]]
Il 25 giugno 1991, anticipando di un giorno che era prevista per il 26 così da spiazzare il Governo Centrale Jugoslavo, la Slovenia dichiarò formalmente l'indipendenza.
La mattina del 26 giugno, alcune unità del corpo dell'Armata Popolare Jugoslava (JNA) lasciarono le proprie caserme a Fiume, in Croazia, per dirigersi verso il confine sloveno con l'Italia mentre gli sloveni prendevano il controllo dell'aeroporto di Brnik.
Il 27 giugno però alcune truppe JNA ripresero il controllo proprio di quell'aeroporto.
Lo stesoso giorno nella capitale slovena gli aerei JNA lanciarono dei volantini intimidatori dove invitavano tutti a non resistere o sarebbero stati schiacciati.
Nel pomeriggio dello stesso giorno la TO abbatte due elicotteri jugoslavi.
Stesso la sera la TO riprese il controllo dell'aeroporto di Brnik mentre una colonna di carri venne bloccata al confine con la Croazia e non poté supportare le truppe JNA nell'aeroporto.
Il 28 giugno gli sloveni fecero le barricate per difendere le dogane al confine con l'Austria e nonostante i raid aerei della JNA resistettero.
La TO lo stesso giorno a Nova Gorica, vicino al confine italiano, prese prigionieri 100 uomini della JNA.
Il 29 giugno le forze speciali della JNA tentarono uno sbarco a Crevatini, ma caddero in un'imboscata e vennero respinte dagli sloveni.
Il 30 giugno si arresero a Nova Gorica e sul confine austriaco numerore truppe della JNA consegnando agli sloveni le armi.
Il 1° luglio le "manovra di contenimento" della JNA fallirono.
Il 2 luglio la TO attaccò una colonna di carri armati.
Il 3 luglio venne firmato un cessate il fuoco e la JNA si ritirò nelle proprie caserme.
Tra il 4 e 6 luglio gli sloveni presero rapidamente il controllo del Paese e delle dogane grazie al cessate il fuoco.
Il 7 luglio venne firmato l''''Accordo di Brioni''' (nell'isola croata di Brioni) dove si riconosceva l'indipendenza della Slovenia e il ritorno della JAN nei territori della Jugoslavia a patto che non portasse con se l'armamento pesante che rimaneva alla Slovenia. Si concludeva cosi la prima guerra civile jugoslava e iniziava cosi quella fase più cruenta della storia Jugoslava che porterà poi alla sua dissoluzione.
== L'indipendenza della Croazia ==
L'indebolimento del Governo Centrale Jugoslavia favorì i nazionalismi croati.
Nel 1989 in Croazia venne concessa la possibilità di fondare anche partiti non comunisti così da permettere prime elezioni libere in Croazia.[[File:FranjoTudman.JPG|miniatura|destra|FranjoTudman]]
Nel gennaio del 1990 ebbe luogo l'ultimo congresso della lega dei comunisti iugoslavi e ci fu una rottura tra i comunisti serbi e quelli sloveni e croati che abbandonarono il congresso.
Nello stesso anno, a Knin viene formato il partito democratico serbo dove si riunirono tutti i serbi di Croazia.
Il 6 maggio si svolgono in Croazia le elezioni politiche. HDZ con Franjo Tuđman vinse le elezioni e formò il governo e la situazione divenne sempre piu tesa.
Il 13 maggio ci fu la partita di calcio Stella Rossa Belgrado contro Dinamo Zagabria a Zagabria con uno scontro in campo e sulle tribune (di rilievo l'episodio di un calciatore croato, Boban, che diede una pedata ad un poliziotto serbo).
Il 25 luglio, venne costituita un'Assemblea Serba a Knin e il 21 dicembre venne proclamata la regione autonoma di Krajina.
Nell'agosto, si tenne un referendum, non riconosciuto internazionalmente, dove si rese la Krajina indipendente.
I croati reagirono inviando la polizia e Milosevic, che assunse il controllo della JNA, reagì abbattendo alcuni elicotteri della polizia croata.
[[File:Castle Eltz Vukovar4.JPG|miniatura|sinistra|Vukovar dopo la battaglia]]
Il 19 maggio 1991 le autorità croate indirono un referendum per l'indipendenza. Le elezioni furono boicottate dai serbi croati.
Un mese dopo la dichiarazione d'indipendenza iniziarono gli scontri e l'intervento della JNA. Ragusa, Gospic, Sebenico, Zara, Karlovac, Sisak, Slavonski Brod, Osijek, Vinkovci e Vukovar finirono sotto attacco della forze jugoslave. La strategia iugoslava era di bombardare le città senza tenere conto dei civili. Le Nazioni Unite allora ordinarono un embargo delle armi che però sfavorì la Croazia che non poteva comprare armi mentre la JNA aveva un arsenale in quanto esercito regolare.
Nell'agosto, la città di confine di Vukovar finì sotto attacco e iniziò la '''Battaglia di Vukovar'''.
Tra il 16 e 17 ottobre a Gospic i croati deportarono 150 civili serbi, a Sisak altri 100. A Zagabria vennero fucilati 280 civili serbi.
Nel dicembre, dopo una serie di "cessate il fuoco" non rispettati, l'ONU dispiegò una forza di mantenimento della pace in alcune parti della Croazia detenute da serbi al fine di controllare il territorio ed imporre una tregua in attesa di una soluzione diplomatica.
Nel gennaio 1992 la JNA abbattè un elicottero dell'Unione Europea e ruppe il ventunesimo cessate il fuoco.
La Comunità europea intanto riconobbe la Croazia il 15 gennaio 1992 determinando la ritirata dello JNA dallo Stato Croato, con la promessa però, fatta ai serbi di Krajina di intervenire militarmente in caso di loro pericolo.
In seguito la guerra continuò proprio in Krajina dove i croati proseguirono solo piccole azioni militari e la Repubblica di Krajina mantenne le proprie posizioni.
[[Categoria:Storia dell'Europa]]
[[Categoria:Storia contemporanea]]
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[[File:Tappe della Dissoluzione della Jugoslavia.jpg|600px]]
Per '''Dissoluzione della Jugoslavia''' si intende l'insieme di vari fenomeni di guerre civili e secessioni che hanno coinvolto la Jugoslavia dal 1980 al 2003 e che hanno comportato la sua scomparsa dal piano internazionale.
== La morte di Tito ==
[[File:Josip Broz Tito uniform portrait.jpg|miniatura|sinistra|Josip Broz Tito]]
La lenta e cruenta dissoluzione della Jugoslavia inizia il 4 maggio 1980 con la morte del Maresciallo Josip Broz Tito, il principale arteficie dell'unità della Jugoslavia, dopo la sconfitta del nazifascimo, e tenuta unita grazie al suo carisma e ad una forta tenuta governativa di stampo comunista. In politica estera, Tito, aveva mantenuto la Jugoslavia in una posizione di equidistanza sia dal blocco sovietico sia dal blocco del patto atlantico. In politica interna, la Jugoslavia, denominata Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia, era composta da sei stati federati (Slovenia, Croazia, Bosnia ed Erzegovina, Montenegro, Serbia e Macedonia) e le due province autonome di Kosovo e Vojvodina.
In realtà già a metà degli anni 70' ci furono avvisaglie di tensioni etniche prima in Croazia e poi in Kosovo ma Tito, con una forte repressione militare, riuscì a pacificarle.
Dopo la morte di Tito la Repubblica fu governata con una presidenza collegiala presieduta a turno dai presidenti dei singoli stati federati.
== L'ascesa di Milošević e le tensioni etniche ==
[[File:Slobodan Milosevic Dayton Agreement.jpg|miniatura|destra|Slobodan Milosevic]]
A metà degli anni 80' iniziano a riaccendersi le tensioni etniche già viste negli anni 70' ma, mancando un forte governo, non si riusciva a pacificarle come con Tito. Fu proprio in questa fase che emerse la figura di Slobodan Milošević in Serbia.
L'ascesa di Milosevic fu rapida. Nel 1987 conquista la presidenza della repubblica serba.
Nel 1989, come atto di repressione contro le rivolte etniche, tolse l'autonomia alle province del Kosovo e della Vojvodina.
la rimozione dell'autonomia alle due province non fu un idea originale di Milosevic. Nel 1986, cioè l'anno prima della sua presidenza, venne pubblicato dall'accademia delle scienze di Belgrado un memorandum che, tra le altre affermazioni in difesa della sovranità della Serbia, vista anche come baluardo della cristianità contro l'islam, criticava Tito e la sua scelta di un assetto politico che voleva una Serbia indebolita contro una Jugoslavia forte. E ad giustificare questa idea si poneva luce proprio sulla mancanza di unità anche interna del suolo Serbo a causa delle due province autonome.
Milosevic, pur non appoggiando questo memorandum, non lo criticò ma si limitò ad stigmatizzarlo come d'altronde fece la lega dei comunisti serbi.
Nel frattempo in Croazia, nel 1989, viene fondato il primo partito anticomunista, Unione Democratica Croata (HDZ) guidato da Franjo Tuđman che però aveva una tendenza marcatamente nazionalista e filo-ustascia (cioè il movimento fascista croato che durante la seconda guerra mondiale fu autore dello sterminio di ebrei e serbi in Jugoslavia).
In Slovenia scoppiò il caso di quattro giornalisti (tra i quali il più noto era Janez Janša), accusati di aver tentato di pubblicare segreti militari nella popolare rivista d'opposizione Mladina. I quattro giornalisti scoprirono dei documenti su un ipotetico intervento militare federale in Slovenia, da attuare in caso di un'evoluzione democratica e sovranista del paese. Questo fece scoppiare molte proteste tra gli sloveni.
== L'indipendenza della Slovenia ==
La prima vera e propria guerra civile scoppiò proprio in Slovenia.
Il 30 dicembre 1990, ci fu un referendum per l'indipedenza dove circa l'88% degli elettori fu a favore dell'indipendenza. Ad influire su questo risultato fu molto anche il governo del paese di partiti anti-comunisti.
Il referendum però non sarebbe mai stato approvato, pacificamente, dal Governo Centrale Jugoslavo. Il Governo sloveno decise quindi, per osteggiare il governo centrale anche militarmente di avvocare a se il comando delle milizie popolari slovene, Teritorijalna odbrana (TO), che Tito aveva creato in difesa di una ipotetica invasione sovietica, e che proprio in quegli anni il Governo Centrale Jugoslavo voleva eliminare.
[[File:Flag of Slovenia.svg|miniatura|sinistra|La Bandiera della Slovenia Indipendente]]
Il 25 giugno 1991, anticipando di un giorno che era prevista per il 26 così da spiazzare il Governo Centrale Jugoslavo, la Slovenia dichiarò formalmente l'indipendenza.
La mattina del 26 giugno, alcune unità del corpo dell'Armata Popolare Jugoslava (JNA) lasciarono le proprie caserme a Fiume, in Croazia, per dirigersi verso il confine sloveno con l'Italia mentre gli sloveni prendevano il controllo dell'aeroporto di Brnik.
Il 27 giugno però alcune truppe JNA ripresero il controllo proprio di quell'aeroporto.
Lo stesoso giorno nella capitale slovena gli aerei JNA lanciarono dei volantini intimidatori dove invitavano tutti a non resistere o sarebbero stati schiacciati.
Nel pomeriggio dello stesso giorno la TO abbatte due elicotteri jugoslavi.
Stesso la sera la TO riprese il controllo dell'aeroporto di Brnik mentre una colonna di carri venne bloccata al confine con la Croazia e non poté supportare le truppe JNA nell'aeroporto.
Il 28 giugno gli sloveni fecero le barricate per difendere le dogane al confine con l'Austria e nonostante i raid aerei della JNA resistettero.
La TO lo stesso giorno a Nova Gorica, vicino al confine italiano, prese prigionieri 100 uomini della JNA.
Il 29 giugno le forze speciali della JNA tentarono uno sbarco a Crevatini, ma caddero in un'imboscata e vennero respinte dagli sloveni.
Il 30 giugno si arresero a Nova Gorica e sul confine austriaco numerore truppe della JNA consegnando agli sloveni le armi.
Il 1° luglio le "manovra di contenimento" della JNA fallirono.
Il 2 luglio la TO attaccò una colonna di carri armati.
Il 3 luglio venne firmato un cessate il fuoco e la JNA si ritirò nelle proprie caserme.
Tra il 4 e 6 luglio gli sloveni presero rapidamente il controllo del Paese e delle dogane grazie al cessate il fuoco.
Il 7 luglio venne firmato l''''Accordo di Brioni''' (nell'isola croata di Brioni) dove si riconosceva l'indipendenza della Slovenia e il ritorno della JAN nei territori della Jugoslavia a patto che non portasse con se l'armamento pesante che rimaneva alla Slovenia. Si concludeva cosi la prima guerra civile jugoslava e iniziava cosi quella fase più cruenta della storia Jugoslava che porterà poi alla sua dissoluzione.
== L'indipendenza della Croazia ==
L'indebolimento del Governo Centrale Jugoslavia favorì i nazionalismi croati.
Nel 1989 in Croazia venne concessa la possibilità di fondare anche partiti non comunisti così da permettere prime elezioni libere in Croazia.[[File:FranjoTudman.JPG|miniatura|destra|FranjoTudman]]
Nel gennaio del 1990 ebbe luogo l'ultimo congresso della lega dei comunisti iugoslavi e ci fu una rottura tra i comunisti serbi e quelli sloveni e croati che abbandonarono il congresso.
Nello stesso anno, a Knin viene formato il partito democratico serbo dove si riunirono tutti i serbi di Croazia.
Il 6 maggio si svolgono in Croazia le elezioni politiche. HDZ con Franjo Tuđman vinse le elezioni e formò il governo e la situazione divenne sempre piu tesa.
Il 13 maggio ci fu la partita di calcio Stella Rossa Belgrado contro Dinamo Zagabria a Zagabria con uno scontro in campo e sulle tribune (di rilievo l'episodio di un calciatore croato, Boban, che diede una pedata ad un poliziotto serbo).
Il 25 luglio, venne costituita un'Assemblea Serba a Knin e il 21 dicembre venne proclamata la regione autonoma di Krajina.
Nell'agosto, si tenne un referendum, non riconosciuto internazionalmente, dove si rese la Krajina indipendente.
I croati reagirono inviando la polizia e Milosevic, che assunse il controllo della JNA, reagì abbattendo alcuni elicotteri della polizia croata.
[[File:Castle Eltz Vukovar4.JPG|miniatura|sinistra|Vukovar dopo la battaglia]]
Il 19 maggio 1991 le autorità croate indirono un referendum per l'indipendenza. Le elezioni furono boicottate dai serbi croati.
Un mese dopo la dichiarazione d'indipendenza iniziarono gli scontri e l'intervento della JNA. Ragusa, Gospic, Sebenico, Zara, Karlovac, Sisak, Slavonski Brod, Osijek, Vinkovci e Vukovar finirono sotto attacco della forze jugoslave. La strategia iugoslava era di bombardare le città senza tenere conto dei civili. Le Nazioni Unite allora ordinarono un embargo delle armi che però sfavorì la Croazia che non poteva comprare armi mentre la JNA aveva un arsenale in quanto esercito regolare.
Nell'agosto, la città di confine di Vukovar finì sotto attacco e iniziò la '''Battaglia di Vukovar'''.
Tra il 16 e 17 ottobre a Gospic i croati deportarono 150 civili serbi, a Sisak altri 100. A Zagabria vennero fucilati 280 civili serbi.
Nel dicembre, dopo una serie di "cessate il fuoco" non rispettati, l'ONU dispiegò una forza di mantenimento della pace in alcune parti della Croazia detenute da serbi al fine di controllare il territorio ed imporre una tregua in attesa di una soluzione diplomatica.
Nel gennaio 1992 la JNA abbattè un elicottero dell'Unione Europea e ruppe il ventunesimo cessate il fuoco.
La Comunità europea intanto riconobbe la Croazia il 15 gennaio 1992 determinando la ritirata dello JNA dallo Stato Croato, con la promessa però, fatta ai serbi di Krajina di intervenire militarmente in caso di loro pericolo.
In seguito la guerra continuò proprio in Krajina dove i croati proseguirono solo piccole azioni militari e la Repubblica di Krajina mantenne le proprie posizioni.
[[Categoria:Storia dell'Europa]]
[[Categoria:Storia contemporanea]]
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Led lampeggiante con Arduino
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{{ITIS Urbino
| classe = 3B/EN
| as = 2021/2022
| materia = Sistemi automatici per le superiori 1
| docente = Giacomo Alessandroni
| wiki_docente = Galessandroni
| link_istituto = https://www.itisurbino.ii/
| istituto = ITIS "Enrico Mattei"
| comune = Urbino
}}
== Descrizione ==
Di seguito mostriamo come far lampeggiare un diodo led con Arduino.
== Schema di montaggio ==
Oltre alla scheda Arduino, utilizziamo i seguenti componenti:
{| class="wikitable"
|+Componenti utilizzati
!Componente
!Valore
|-
|Diodo LED
|Rosso
|-
|Resistenza
|<math>220~\Omega</math>
|}
Di seguito lo schema di montaggio:
[[File:Led_lampeggiante_con_arduino.svg|600x600px|Led lampeggiante con arduino]]
{{Notabene|Se il progetto non dovesse funzionare, ricordatevi che il diodo LED ha un verso di percorrenza della corrente che va sempre rispettato.}}
== Codice ==
Di seguito il codice sorgente<syntaxhighlight lang="arduino" line="1">
/*
Led lampeggiante
Accende e spegne un LED con un intervallo di un secondo.
*/
void setup() {
// Inizializza il pin 13 come output.
pinMode(13, OUTPUT);
}
// ripete queste operazioni fino allo spegnimento
void loop() {
digitalWrite(13, HIGH); // Accende il led
delay(1000); // attende un secondo
digitalWrite(13, LOW); // Spegne il led
delay(1000); // attende un secondo
}
</syntaxhighlight>
== Espansioni suggerite ==
Per ampliare questo progetto potremmo inserire un pulsante di avvio e arresto.
Inoltre, è possibile introdurre una resistenza variabile per regolare la frequenza di lampeggio.
[[Categoria:Arduino]]
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Wikiversità:Amministratori/Candidati/Galessandroni/3
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Galessandroni
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/* Galessandroni */ Risposta
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text/x-wiki
=== [[Utente:Galessandroni|Galessandroni]] ===
A seguito di piacevoli chiacchierate mi candido anch'io ad [[WV:Amministratori dell'interfaccia|Amministratore dell'interfaccia]].
Per chi non mi conoscesse, sono presente qui dal 2020. Sono socio di Wikimedia Italia, vicepresidente di Vikidia e coordinatore regionale per le Marche di OpenStreetMap. Per quanto riguarda il mio ''secondo'' lavoro, insegno, e mi piace farlo, da ormai ventiquattro anni. Sono ingegnere elettronico: attualmente insegno telecomunicazioni e sistemi automatici; da settembre insegnerò informatica e robotica.
--[[Utente:Galessandroni|<span style="color:green">'''Giacomo Alessandroni'''</span>]] <sup>[[Discussioni Utente:Galessandroni|<span style="color:blue">'''Parliamone!'''</span>]] [[image:asd.gif|asd]]</sup> 18:25, 26 mag 2022 (CEST)
: Come da policy, conviene passare per [[WV:RP#Amministratori dell'interfaccia]] (ho già spostato lì la candidatura che avevi inserito nell'archivio).--[[Utente:Leofbrj|Leofbrj]] [[Discussioni utente:Leofbrj|<span style="color:red">(''Zì?'')</span>]] 11:01, 27 mag 2022 (CEST)
::@[[Utente:Leofbrj|Leofbrj]] Mi sono appena candidato ad Amministratore dell'interfaccia (visto che sono stato con la testa altrove fino a ieri) e... che sono ormai in scadenza. Domanda: l'amministratore dell'interfaccia è anche amministratore, oppure devo fare due richieste distinte? Grazie e ciao, [[Utente:Galessandroni|<span style="color:green">'''Giacomo Alessandroni'''</span>]] <sup>[[Discussioni Utente:Galessandroni|<span style="color:blue">'''Parliamone!'''</span>]] [[image:asd.gif|asd]]</sup> 12:09, 3 ago 2022 (CEST)
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